
Soffro il mio nome addosso le sue declinazioni [come] lunghi cappotti che danno vita ai fantasmi [come] senso alle loro trasparenze. Che senso ha (?) guardarvi negli occhi e aspettare una risposta alle mie parole, ai miei discorsi.
Moltiplicata algebricamente, ogni attenzione diventa frustrazione
e il cuore una pazzia inconscia. Sono un’identità empirica svuotata da titoli che mi hanno affibbiato di un nome che si racconta cadde da un cavallo
e fu fulminato da una luce.
Chissà quale luce e chissà quale la sua provenienza.
Chissà quale è il suo universo. Io sono innocente,
siamo tutti innocenti. Pensate ai vostri nomi sono santi e illuminati da una luce che gia viaggiava nella storia e non me ne vogliate
se stringo il pensiero che tutti noi usciamo da gambe divaricate di donna,
si, di donna. L’eroina. L’unica depositaria.
Soffro il mio nome
addosso le sue radici che si allungano in intere città.
Sullo sfondo, insieme grattacieli di stelle e deserti maledetti.