La politica come inizio di Hannah Arendt

Il seminario propone un viaggio nel pensiero politico di Hannah Arendt, una delle voci più originali e incisive del Novecento. A partire dai concetti di libertà, azione e spazio pubblico, si esplorerà il legame tra politica e vita comune, tra potere e responsabilità. L’obiettivo è comprendere come la riflessione arendtiana possa ancora illuminare le sfide democratiche del presente.

La filosofia di Ayn Rand

Ayn Rand, nata a San Pietroburgo nel 1905 e trasferitasi negli Stati Uniti nel 1926, è una delle figure più controverse del pensiero del Novecento. Ha costruito un percorso intellettuale che intreccia letteratura e filosofia definendo la sua posizione, “oggettivismo”, che unisce elementi di razionalismo, individualismo etico e difesa del capitalismo liberale.

La Rand rifiuta ogni forma di collettivismo e propone una visione dell’uomo come essere razionale orientato al perseguimento del proprio interesse: l’etica dell’egoismo razionale, così la definisce, non coincide con l’edonismo superficiale, bensì con il riconoscimento della ragione come unico criterio per guidare le scelte morali. Pertanto ne consegue una radicale opposizione all’altruismo imposto, che la filosofa considera una negazione della libertà individuale.

La sua opera più importante, “Atlas Shrugged” (La rivolta di Atlante, 1957), è al tempo stesso romanzo e manifesto filosofico in cui gli imprenditori e i creatori di ricchezza si ritirano dalla società, paralizzando l’economia. Il romanzo mette in scena la dialettica tra produttori innovativi e una burocrazia statale che Rand considera parassitaria. Attraverso una narrazione epica, la scrittrice delinea l’ideale dell’uomo eroico, guidato da ragione e volontà, capace di opporsi a ogni vincolo sociale che soffochi l’iniziativa individuale.

Dal punto di vista filosofico, Ayn Rand rappresenta un’esperienza singolare: una pensatrice che si colloca ai margini della tradizione accademica, ma che ha saputo incidere nell’immaginario culturale e politico. Il suo oggettivismo può essere letto come un razionalismo radicale che assolutizza l’autonomia dell’individuo, trascurando tuttavia le dimensioni relazionali e comunitarie che costituiscono l’essere umano.

Sul piano teologico, il rifiuto esplicito di ogni forma di trascendenza e la riduzione dell’etica alla sola ragione utilitaristica rendono la sua proposta distante tanto dalla tradizione cristiana quanto dalle correnti filosofiche che tentano una mediazione tra libertà e responsabilità. La radicalità della sua posizione, tuttavia, offre un terreno di confronto utile: invita a riflettere sul rapporto fra libertà individuale e giustizia sociale, fra creazione personale e vincoli comunitari.

La Rand, insomma, resta una figura divisiva: più provocatrice che sistematica, più romanziera che filosofa accademica, ma proprio per questo capace di aprire domande cruciali nel dibattito sulla modernità.

Bibliografia essenziale in italiano

A. Rand, La rivolta di Atlante, Milano: Corbaccio, 2013.
A. Rand, La fonte meravigliosa, Milano: Corbaccio, 2013.
A. Rand, La virtù dell’egoismo, Milano: Corbaccio, 2014.

Martin Buber: il dialogo come centro dell’esistenza

Martin Buber (1878-1965), filosofo ebreo austriaco naturalizzato israeliano, è una delle voci più originali del pensiero religioso e filosofico del XX secolo. Formatasi inizialmente nell’ambiente del neokantismo e influenzato da Nietzsche e dallo spirito del romanticismo tedesco, la sua ricerca trovò nel dialogo e nella tradizione mistica ebraica (in particolare l’ḥasidismo) i punti cardinali del suo pensiero. Professore a Francoforte, costretto all’esilio dalla persecuzione nazista, visse in Palestina dal 1938 fino alla morte, contribuendo alla nascita culturale dello Stato di Israele.

La sua opera più celebre, Ich und Du (Io e Tu, 1923), rappresenta una svolta epocale: Buber individua due atteggiamenti fondamentali con cui l’essere umano si rapporta al mondo. Il primo è l’atteggiamento dell’“Io-Esso”, nel quale la realtà viene ridotta a oggetto di conoscenza, uso o possesso. Il secondo è la relazione “Io-Tu”, caratterizzata da reciprocità, presenza e apertura: in essa l’altro non è un oggetto, ma un soggetto irriducibile che interpella l’Io nella sua totalità. L’esperienza autentica del “Tu” è infine aperta al “Tu eterno”, ovvero a Dio, che si manifesta in ogni vera relazione.

Dal punto di vista teologico, Buber non costruisce un sistema, ma offre una filosofia della relazione che incide profondamente sull’antropologia religiosa contemporanea. In un tempo segnato dalla solitudine e dall’alienazione, la sua filosofia del dialogo diventa un’etica: solo nell’incontro l’essere umano trova verità e responsabilità. Questa visione lo ha reso interlocutore privilegiato di teologi cristiani (come Karl Barth, Paul Tillich, Romano Guardini) e di filosofi dell’esistenza (come Levinas, che riprenderà e radicalizzerà la centralità dell’Altro).

Buber è anche noto per la sua rilettura del ḥasidismo, tradizione mistica ebraica che egli rese accessibile al pubblico europeo attraverso le sue raccolte di racconti e interpretazioni (I racconti dei ḥasidim, 1949). In esse il misticismo non è evasione, ma intensificazione della vita quotidiana, in cui ogni gesto può aprire al divino.

Bibliografia primaria in italiano

M. Buber, Io e Tu, Milano: San Paolo, 1993 (ed. orig. 1923).
M. Buber, Il principio dialogico e altri saggi, Milano: San Paolo, 1993.
M. Buber, Il cammino dell’uomo secondo l’insegnamento chassidico, Milano: Qiqajon, 1990.
M. Buber, I racconti dei ḥasidim, Milano: Adelphi, 1979.
M. Buber, Eclissi di Dio, Milano: Garzanti, 1962.